Nave Alpino - F594 - è la quarta Unità della Marina Militare a portare questo nome. La prima Unità, un Cacciatorpediniere Classe Soldato della Regia Marina, è stata in servizio dal 1909 al 1928. Ha partecipato alla guerra Italo-Turca ed alla prima Guerra Mondiale con compiti di minamento, supporto alle operazioni speciali, pattugliamento ed ha preso parte a numerose azioni belliche nell’Adriatico e nello Ionio.
La seconda Unità a portare questo nome è stata un Cacciatorpediniere Classe Soldato della Regia Marina in servizio dal 1938 al 1943. Nel corso della seconda guerra mondiale ha preso parte a numerose battaglie sul mare avendo sempre la meglio sul nemico anche nelle battaglie di Punta Stilo e di Capo Matapan. Ormeggiata nel porto di La Spezia è stata colpita e affondata da una bomba lanciata da uno dei 170 velivoli inglesi che nella notte tra il 18 e 19 aprile 1943 effettuarono un bombardamento a tappeto sulla città di La Spezia.
La terza Unità a portare il nome di Alpino è stata una fregata (F580/ A5384) in servizio dal 1967 al 2006. Costruita nei Cantieri di Riva Trigoso con il nome di “Circe”, nel corso della sua costruzione venne ribattezzata Alpino. La nave era armata con 6 cannoni 76/62, un elicottero AB212 in versione antisommergibile oltre a un armamento sempre anti sommergibile costituito da due lancia siluri tripli ed un mortaio. E’ stata la prima nave a stabilire un record di permanenza in mare. Nel 1973, partita dall’Italia, ha raggiunto il mar di Labrador con una navigazione ininterrotta di 496 ore e 7315 miglia marine percorse, un vero primato per quei tempi. Nel 1996, dopo un periodo di significative lavorazioni e modifiche, è stata riclassificata in nave di Comando e Supporto alle forze di Contromisure mine. Il 31 marzo 2006 ha effettuato il suo ultimo ammaina bandiera.
La quarta Unità e nuova FREMM (F594) prende il nome di Alpino sempre in onore di uno dei reparti storici dell’Esercito Italiano a testimoniare e suggellare il forte legame tra marinai, alpini e il concetto interforze, ribadito anche durante la cerimonia del varo dall’allora Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli.
Madrina del Varo è stata la Signora Maria Rosa Solimano, cugina del Sergente maggiore Francesco Solimano di Sori (Genova), Alpino del 1° reggimento, battaglione Pieve di Teco, caduto sul fronte russo e insignito della Medaglia d’Oro al Valor Militare perché “Comandante di squadra mortai da 45, durante il ripiegamento dal Don, dimostrava eccezionale fermezza d’animo tenendo salda ed efficiente la sua squadra alla testa della quale partecipava con leggendario valore a ripetuti duri combattimenti svoltosi durante dieci giorni di ripiegamento. Nel corso di violenta offensiva, avendo mantenuta in piena efficienza la sua squadra recuperando armi e munizioni abbandonate, poteva opporre con rinnovato ardore tenace resistenza e reagire con audaci contrassalti. Ferito, durante una carica di cavalleria che travolgeva le nostre linee, rifiutava il soccorso dei superstiti, li incitava a battersi ad oltranza, alla salvezza preferiva dividere da forte la sorte dei compagni feriti rimasti nella gelida steppa. Mirabile esempio di assoluta dedizione al dovere e di stoica fermezza”.
Il crest, un’ancora sovrastata da un’aquila su sfondo blu, rimarca il legame tra la Marina e l’Esercito, riprendendo il fregio di entrambe le Forze Armate: l’ancora, presente anche nella corona turrita, stemma della Marina Militare e l’aquila, simbolo di forza e coraggio, utilizzato già dalle legioni dell'Esercito romano ad indicare il potere militare. All’interno del crest è inserito il motto di Nave Alpino, "Di qui non si passa".
“Di qui non si passa” fu scelto come motto della terza Fregata Alpino F580 per onorare il legame con l’Esercito; è infatti ancora oggi il motto delle penne nere oltre che del 10° reggimento, ossia dell’Associazione Nazionale Alpini. Fu coniato dal generale Luigi Pelloux, primo ispettore generale del Corpo degli alpini, il 18 ottobre 1888, durante una parata militare a Roma. In quella occasione, mentre le truppe sfilavano in parata davanti al Re d'Italia ed all'Imperatore di Germania, il Generale Pelloux concluse un discorso dicendo: "essi simboleggiano quasi, all'estrema frontiera, alle porte d'Italia, un baluardo sul cui fronte sta scritto 'Di qui non si passa'"