L'11 agosto 1955 l'ammiraglio Corso Pecori Giraldi subentrò all'ammiraglio Ferreri come Capo di Stato Maggiore, con la Marina pienamente impegnata nello sforzo di potenziamento. Al nucleo di unità già in linea all'epoca del primo programma navale e a quelle cedute dagli USA si affiancarono i primi due sommergibili, il Leonardo da Vinci (ex USS Dace) e l'Enrico Tazzoli (ex USS Barb), trasferiti fra il 1954 ed il 1955 dopo essere stati radicalmente rimodernati secondo la formula "GUPPY" (Greater Underwater Propulsive Power), mentre nei cantieri nazionali erano in costruzione - finanziati in tutto o in parte dagli Stati Uniti - due cacciatorpediniere di scorta, tre corvette, 27 dragamine fra litoranei e costieri e varie unità minori e ausiliarie. In questo contesto è opportuno ricordare l'amara vicenda della progettata Aviazione Navale, il cui nucleo principale avrebbe dovuto essere composto da 74 velivoli antisommergibili tipo S-2C Helldiver, di cui una parte destinata ad operare da una portaerei leggera di cui era prevista la cessione da parte dell'US Navy.
L'intenzione della Marina di costituire reparti di volo autonomi incontrò tuttavia un'insormontabile opposizione da parte dell'Aeronautica, le cui tesi dopo un lungo contenzioso finirono nel 1953 col prevalere, vanificando sul nascere le speranze di un'Aviazione Navale degna di questo nome (i dissensi furono risolti con una legge ad hoc che permise l'impiego, presso i Gruppi di volo ASW dell'Aeronautica, di equipaggi misti con personale della Marina in misura pari al 50% della consistenza totale). Le nuove esigenze della Marina portarono alla trasformazione delle due unità superstiti della classe "Capitani Romaní" (Pompeo Magno e Giulio Germanico) in cacciatorpediniere conduttori; i lavori si protrassero per circa due anni e le navi, ribattezzate rispettivamente San Giorgio e San Marco, rientrarono in servizio nel 1955/56.
L'armamento comprendeva tre torri binate da 127/38 mm di provenienza americana, 20 mitragliere da 40/56 mm in impianti binati (2) e quadrinati (4) e sistemi antisom di vario tipo, mentre alcune lievi modifiche all'apparato propulsivo originario (basato su quattro caldaie e due gruppi turboriduttori e concepito per sviluppare oltre 40 nodi) permettevano una velocità massima di 38 nodi. Un'altra unità che nel medesimo periodo subì lavori di trasformazione fu l'incrociatore Duca degli Abruzzi. Le modifiche comportarono la ricostruzione del blocco sovrastrutture prodiero, la realizzazione di un albero a tripode su cui venne installato un radar tipo SK 42 (successivamente sostituito con un apparato più moderno) e la ristrutturazione dell'armamento antiaereo (su 24 pezzi da 40/56 mm); l'unità rimase a lungo l'unico incrociatore "a tempo pieno" della MM, essendo il Montecuccoli impiegato soprattutto come nave scuola e il Garibaldi ai lavori di trasformazione, ed assunse il ruolo di sede del Comando in Capo della Squadra Navale.il nucleo delle unità maggiori di superficie era completato dai due cacciatorpediniere Aviere (ex USS Nicholson) ed Artigliere (ex USS Woodworth), trasferiti alla MM nel 1951 e appartenenti a due classi diverse, sebbene con le medesime caratteristiche generali. Queste piattaforme, benché risalenti ai primi anni '40, contribuirono con i loro quattro pezzi da 127/38 min a potenziare la componente artiglieresca delle forze navali italiane incrementandone al tempo stesso le capacità antiaeree. Assieme alle armi, anche le nuove apparecchiature elettroniche per la direzione del tiro e la sorveglianza aeronavale rappresentarono il punto di partenza per un intenso addestramento del personale italiano su sistemi di nuova generazione che sarebbero stati adottati in seguito in maniera generalizzata.
Il programma di potenziamento navale avviato nel 1950 permise anche la ricostituzione della componente subacquea, pure se l'orientamento operativo generale dello Stato Maggiore continuava a privilegiare la componente di superficie; non erano infatti previste piattaforme subacquee di nuova costruzione da affiancare al Giada e al Vortice, riammessi ufficialmente in servizio dopo un ciclo di lavori migliorativi che comportarono fra l'altro lo sbarco del pezzo da 100/47 mm e dei tubi di lancio poppieri e la ricostruzione della falsatorre per accogliere nuovi periscopi e un radar. Parallelamente a questa "via italiana", il lento sviluppo della linea sommergibili avvenne mediante l'aiuto statunitense, con la già citata cessione dei due battelli classe Gato, ribattezzati Tazzoli e Da Vinci. Benché risalenti al periodo bellico, queste unità presentavano caratteristiche all'altezza dei tempi come risultato dei lavori di ammodernamento GUPPY IB, consistenti nel potenziamento delle batterie e dell'impianto propulsivo, nell'adozione dello snorkel e di apparecchiature operative moderne. Nel 1952 era stato ricostituito anche il Comando Sommergibili (MARICOSOM), alle cui dipendenze furono man mano collocati i nuovi battelli.
Sempre di provenienza americana erano le tre fregate Altair, Aldebaran e Andromeda. Il loro scafo era formato in gran parte da elementi prefabbricati, mentre l'apparato propulsivo, concepito per le operazioni di caccia AS, era basato su due motori diesel. Benché sviluppato durante gli anni del conflitto, questo naviglio fu proficuamente utilizzato per l'attività di Squadra e fornì un valido contributo per la progettazione delle successive unità di scorta di costruzione nazionale.
Anche nel settore del naviglio minore gli aiuti americani servirono a costituire un'efficace forza di contromisure mine e a potenziare le capacità di supporto di fuoco per il battaglione "San Marco", ricostituito ufficialmente nel 1965 ma che già dal 1948 aveva iniziato ad operare nell'ambito di un'unità interforze dipendente dall'Esercito. Al primo gruppo di unità appartenevano i quattro dragamine oceanici classe Salmone (ceduti nel 1956157 e intensamente usati sia nel loro ruolo originario che come pattugliatori d'altura nel Canale di Sicilia) e i 18 dragamine costieri classe "Alberi" (trasferiti nel 1952/53 e riprodotti in seguito in ulteriori 19 esemplari presso i cantieri di Monfalcone). Il secondo nucleo di naviglio era formato dalle 6 cannoniere d'appoggio classe Alano, derivate dalla trasformazione di naviglio da sbarco e impiegate per fornire un appoggio di fuoco ravvicinato ai reparti anfibi.
La cessione di naviglio originariamente appai tenente all'US Navy fu accompagnato dalle cosiddette "off-shore procurements", cioè da commesse per la costruzione presso cantieri nazionali di unità finanziate con fondi statunitensi: un'iniziativa che, oltre a permettere il potenziamento della MM, favori lo sviluppo di alcuni cantieri italiani. Oltre a 7 dragamine costieri (simili a quelli ceduti direttamente dall'US Navy) e a 20 dragamine amagnetici litoranei (classe Aragosta), le unità minori realizzate per questa via comprendevano 10 mezzi da sbarco MTM, mentre commesse più interessanti riguardarono il settore delle corvette e delle fregate.
Nel primo caso si trattò di 3 unità classe Alcione (su 8 costruite complessivamente a Castellammare e a Venezia tra il 1953 ed il 1956), prime unità di scorta realizzate in Italia nel dopoguerra. Su di esse fu imbarcato, fra i diversi sistemi d'arma di nuova progettazione e costruzione nazionale, anche il primo tipo di cannone da 76/62 mm, l'SMP-3 (dove la sigla sta per Stabilimento Meccanico di Pozzuoli). Nel decennio successivo l'armamento venne modificato, introducendo alcune differenze fra le unità della classe, intensamente impiegate per compiti addestrativi e di vigilanza nei bacini marittimi meridionali. Alle prime tre corvette consegnate alla MM nel 1955/56 se ne aggiunse nel 1961 una quarta, l'Aquila, inizialmente assegnata alla marina olandese e da questa restituita agli Stati Uniti.
Acquisite in base alle "off-shore procurements" erano anche due delle quattro nuove fregate della classe Centauro, la cui seconda coppia era invece finanziata nell'ambito del programma navale 1950. Queste unità, entrate in servizio nel 1957/58, rappresentarono i primi esemplari di naviglio per la scorta d'altura costruito in Italia nel dopoguerra. Loro caratteristica peculiare era il nuovo pezzo da 76/62 mm OTO Melara "Sovrapposto", presente in due toni binate; la dotazione elettronica comprendeva due sistemi radar per la sorveglianza aeronavale. Le scarse prestazioni del sistema di alimentazione del nuovo cannone portarono, nel decennio successivo, ad un programma di trasformazione e ammodernamento che vide la rimozione dei due originali impianti binati da 40/70 mm, l'adozione dei nuovi complessi singoli da 76/62 mm di tipo MMI ("Allargato") e il miglioramento delle sistemazioni interne.
Le realizzazioni più impegnative del Programma 1950 furono però i due cacciatorpediniere classe Indomito, costruiti nel 1952/ 58. Unità molto manovriere ed in grado di esprimere, grazie ad un valido apparato motore, una velocità massima di 34 nodi, i due caccia erano dotati di armamento di provenienza statunitense, articolato su due torri binate da 127/38 mm, 16 pezzi da 40/ 56 mm e una nutrita componente antisommergibili; la dotazione elettronica comprendeva, oltre alle direzioni di tiro, sistemi per la scoperta aeronavale e per le operazioni AS. Impetuoso e Indomito costituirono per parecchio tempo uno dei più efficaci strumenti delle forze navali italiane, grazie anche agli ammodernamenti apportati negli anni successivi, sino alla conclusione della loro carriera avvenuta a metà degli anni '80 (ambedue le unità vennero successivamente affondate come navi bersaglio).
Nel settore del naviglio minore combattente lo Stato Maggiore si indirizzò verso la realizzazione di un'unità veloce "convertibile", la motocannoniera MC 490, banco di prova per la sperimentazione di idee e soluzioni tecniche nel contesto delle esigenze operati ve in Adriatico e nel Mediterraneo centrale. La nuova piattaforma, realizzata a Monfalcone nel 1952/55 e ribattezzata Folgore dieci anni più tardi, presentava uno scafo derivato da realizzazioni germaniche e un apparato propulsivo formato da quattro motori diesel su altrettanti assi. L'armamento iniziale prevedeva due configurazioni alternative, una come cannoniera/posamine (con un pezzo da 40/56 mm e diverse mine da fondo) e una come silurante (con 4 tubi lanciasiluri da 450 min e due pezzi da 40/56 mm). Poiché le prove non diedero l'esito sperato, l'unità venne sottoposta a diverse trasformazioni, fino ad assumere nel 1965 la configurazione definitiva di cannoniera/silurante, con un dislocamento a pieno carico di circa 190 t e una velocità massima di 38 nodi.