Mentre era in pieno svolgimento la missione "Golfo I " tornò alla ribalta la questione dell'aviazione navale, sulla scia del già citato riconoscimento ufficiale manifestato dal "Libro Bianco" del 1985. Dopo una serie di polemiche e di confronti, estesi anche ai mass media, la soluzione all'annosa vertenza che opponeva Marina e Aeronautica vide protagonisti gli allora Capi di Stato Maggiore Giasone Piccioni e Franco Pisano; il suggello alla ritrovata intesa fra le due Forze Armate venne con la legge n. 36 approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 26 gennaio 1989, e ratificata dal presidente Cossiga il successivo I' febbraio, il cui Art.1 recita che "per integrare le capacità di difesa delle proprie unità navali, la Marina Militare può utilizzare aerei imbarcati".
A questo punto diventava prioritaria la scelta di un velivolo STO/ VI, da imbarcare sul Garibaldi, dotato di caratteristiche generali idonee ad interfacciarsi al meglio con la piattaforma e a soddisfare le esigenze operative. La rosa dei candidati si restringeva alle due macchine occidentali esistenti sul mercato, il Sea Harrier britannico e VAV-813/Harrier II americano (peraltro derivati dal medesimo progetto iniziale), cui si richiedevano però capacità ogni tempo acquisibili solo con l'integrazione di un radar, ancora in fase di studio per entrambi i velivoli. Dopo una serre di valutazioni operative la scelta della MM è caduta sull'AV-8B Harrier Il Plus, dotato del radar multifunzionale APG-65, a scapito del Sea Harrier Frs.2.
In conclusione, il bilancio 1989 non riconosceva alla Marina quel particolare ruolo che l'evoluzione dello scenario strategico pur suggeriva, e che portava inevitabilmente ad un maggiore e più differenziato impiego anche in aree lontane dalla madrepatria.
Oltre al bilanciamento delle varie componenti, l'invecchiamento della linea operativa avrebbe imposto negli anni a venire la sostituzione delle unità più anziane, dando luogo ad esigenze sempre più indifferibili e per la cui soddisfazione non si profilava altra soluzione che quella di un nuovo finanziamento straordinario. Quando l'assetto geopolitico mondiale sembrava ormai indirizzato verso una fase di relativa stabilità su un più basso livello di confronto, l'invasione irachena del Kuwait del 2 agosto 1990 riportò nuovamente alla ribalta una regione in cui era da poco cessato il lungo e sanguinoso conflitto fra Iran ed Iraq. In aderenza alle risoluzioni dell'ONU, il governo italiano decise l'invio nel Golfo Persico di un gruppo navale con il compito di verificare l'applicazione dell'embargo contro l'Iraq, operando in stretto coordinamento con i contingenti navali schierati nella regione dagli altri Paesi dell'Unione Europea Occidentale e della Coalizione. Toccava così ancora una volta alla Marina l'onere di una missione oltremare che, seppur simile come scenario geografico a quella conclusasi da appena 18 mesi, se ne discostava sostanzialmente sotto il profilo operativo. L'incarico fu assolto con la costituzione del 20' Gruppo Navale (tre fregate ed un rifomitore di squadra), le cui prime unità giunsero nel Golfo all'inizio di settembre.
Dopo il passaggio da "Desert Shield" a "Desert Storm" (cioè dalla fase di contenimento della minaccia/preparazione delle forze a quella di confronto militare aperto, iniziata il 17 gennaio 1991) l'attività della Marina Militare venne principalmente rivolta all'interdizione aeronavale in concorso con le altre forze della Coalizione, spostando la propria zona d'intervento dalla parte meridionale del Golfo a quella centro-settentrionale. Dopo l'avvicendamento delle prime unità (fra le quali Orsa e Stromboli, impegnate, sulla via del ritorno, nell'evacuazione dalla Somalia di connazionali e cittadini di altri paesi europei), le navi italiane vennero inserite nel dispositivo di schermo alle portaerei dell'US Navy e nella scorta ai gruppi logistici e di rifornimento. Sulla base delle esperienze maturate con la prima missione nella regione, in occasione di "Golfo 2" la cooperazione con le altre forze navali è stata caratterizzata da un ottimo rendimento, dovuto anche alla presenza di un coordinamento politico-militare in sede UEO (durante la fase di embargo) accanto a quello puramente tattico operato dal comandante in capo delle forze navali statunitensi dopo l'apertura delle ostilità. Una volta concluse le operazioni belliche, l'attività del 20' Gruppo Navale è stata rivolta alla bonifica dalle mine navali delle aree marittime prospicienti il Kuwait.
Questa missione, che ha avuto termine nel luglio 1991, ha visto impegnati tre cacciamine classe Lerici e la nave appoggio Tremiti, con il coordinamento generale affidato alla fregata Maestrale. Una valutazione generale della missione "Golfo 2" non può non evidenziare il notevole sforzo sostenuto dalla Marina in termini di disponibilità, efficienza e prontezza reattiva, in un quadro globale che oltre alla ridislocazione delle unità nel Golfo ha visto la contemporanea partecipazione ad una serie di missioni mediterranee di rilevanza non secondaria, in quanto volte alla protezione di rotte d’importanza strategica e alla prevenzione di azioni ostili contro i rifornimenti militari diretti verso l’area del conflitto.