Imboccata la strada del potenziamento qualitativo - necessariamente a scapito di quello numerico -, la Marina Militare si avviò lungo un cammino che avrebbe inevitabilmente portato a farla definire come "la Marina dei prototipi". Già all'inizio degli '60 gli inadeguati finanziamenti disponibili non permettevano neppure di formulare programmi navali a medio termine; fu perciò necessario pianificare le nuove costruzioni man mano che si rendevano disponibili le risorse, anche perché buona parte del naviglio del Programma 1958 entrò in linea nel decennio successivo, per svolgere il pieno della propria attività solo negli anni '70 e '80. In quel periodo la Marina, al cui vertice era dal maggio del 1962 l'ammiraglio Ernesto Giuriati, manifestò ufficialmente il proprio interesse verso il naviglio a propulsione nucleare, con il progetto per un sottomarino d'attacco battezzato Guglielmo Marconi.
L'unità, simile allo Skipiack americano, avrebbe dovuto avere un dislocamento in immersione di 3.400 tonnellate, una velocità massima in immersione di 30 nodi e una dotazione siluristica di 30 armi, il tutto per un costo totale di circa 30 miliardi. Era tuttavia palese che senza la collaborazione degli Stati Uniti il progetto non avrebbe mai potuto concretizzarsi; nonostante gli sforzi dell'allora Ministro della Difesa Giulio Andreotti, il governo di Washington rifiutò di collaborare, sulla base di una legge che vietava il trasferimento all'estero di conoscenze e tecnologie nucleari utilizzabili a fini militari; tale atteggiamento finì col provocare l'abbandono del progetto da parte italiana. Nonostante l'esito di questa vicenda, l'interesse della Marina Militare verso la realizzazione di piattaforme navali a propulsione nucleare non si affievolì, sfociando pochi anni più tardi nell'idea di un'unità da supporto logistico/rifornimento di squadra il cui progetto iniziò a prendere corpo nel dicembre del 1966, con la firma di una serie di accordi fra la MM, il CNEN e alcune industrie italiane.
La nave, battezzata Enrico Fermi, avrebbe dovuto avere una lunghezza di 175 metri e un dislocamento di 18.000 tonnellate; un reattore da 80 MW avrebbe fornito la potenza per gli usi di bordo, inclusi i 22.000 hp necessari per la propulsione. Anche per tale progetto era però necessario un minimo di collaborazione da parte di nazioni già in possesso del knowhow nucleare indispensabile per realizzare impianti navali di tale potenza.
Le speranze coltivate in tal senso vennero nuovamente disattese, mentre il fallimento delle prime esperienze d'esercizio dei mercantili a propulsione nucleare realizzati da alcuni paesi occidentali convinse alla fine la Marina dell'opportunità di abbandonare le proprie ambizioni nel settore. La composizione delle forze navali italiane all'inizio del 1966 è riportata nella tabella in fondo alla pagina; il nucleo delle unità in servizio era rappresentato dall'incrociatore Lanciamissili Garibaldi, dai due incrociatori classe Doria e dai caccia lanciamissili classe Impavido, tutti in linea dal 1963/64. Concepiti per adempiere principalmente ai compiti derivanti da un maggior impegno in ambito NATO nel bacino mediterraneo, i tipi Doria associavano una capacità di difesa aerea a medio raggio con quelle della lotta antisom nella zona interna dello schermo protettivo di una formazione navale; di qui il progetto per un'unità polivalente caratterizzata da sistemazioni elicotteristiche sufficientemente ampie (4 aeromobili), da un armamento antiaereo basato sul binomio missili-cannoni e da vaste potenzialità per l'esercizio delle funzioni di comando e controllo di una formazione navale complessa.
I due incrociatori hanno di conseguenza esercitato, per tutta la durata della loro vita operativa, il ruolo di "ammiraglie" per i due principali nuclei di forze alturiere della MMI. Nel periodo 1981/ 1989, prima del suo passaggio in riserva, il Duilio è stato impiegato - sacrificando parte delle sistemazioni elicotteristiche - anche come nave scuola per le crociere estive degli allievi dell'Accademia Navale, in sostituzione del vecchio cacciatorpediniere San Giorgio. Ai caccia classe Impavido spetta invece il titolo di prime unità lanciamissili della Marina concepite e realizzate sin dall'inizio come tali. Le linee generali del progetto sono derivate dai precedenti tipi Indomito, con modifiche relative soprattutto all'armamento antiaereo (potenziato con una rampa missilistica Mk 13 e 4 impianti singoli da 76/62 mm) e l'incremento delle capacità antisommergibili.
A tal proposito va ricordato che la superficie poppiera della coperta era stata destinata a fungere da ponte di volo per un piccolo elicottero monoposto Agusta A. 106, da usare come vettore d'arma; le scarse prestazioni della macchina, che non superò la fase sperimentale, indussero tuttavia ad abbandonarne l'impiego.
Nell'ambito del ridotto programma costruttivo avviato nel 1960, il settore del naviglio minore si arricchì di un nucleo di motocannoniere convertibili derivate in successione dalle unità MC 490/ Folgore e dal Fulmine (ex-Sentinella). All'origine di tali piattaforme figurava il requisito operativo del controllo di bacini di limitata estensione quali l'Adriatico e di zone marittime caratterizzate da stretti, canali e passaggi obbligati, dove unità veloci sottili in possesso di un adeguato armamento antinave erano in grado di tendere efficaci imboscate. L'evoluzione del concetto di motocannoniera convertibile maturò dapprima nella costruzione (1959/65) delle due Lampo da 197 tonnellate e 39 nodi e poi (1963/66) in quella delle due Freccia, superstiti di un programma per quattro esemplari a miglioramento delle realizzazioni precedenti.
lL'apparato motore del tipo Freccia, su tre assi, comprendeva una turbina a gas Metrovick Reggiane (la cui prima installazione a bordo di un'unítà italiana risale alla Lampo, entrata in servizio nel 1963) e due motori diesel in configurazione CODAG, con eliche a passo variabile; l'armamento poteva includere pezzi da 40/70 mm e/o tubi lanciasiluri da 533 mm in diverse configurazioni. Alcuni esemplari di queste unità sottili rimasero in servizio fino a metà degli anni '80, quando nuovi e più efficaci sistemi d'arma (quali il missile e il cannone a tiro rapido) e soluzioni architettoniche innovative (aliscafi) si imposero definitivamente. Resta comunque importante il ruolo svolto anche in questo campo da Fulmine e Saetta, sui quali furono sperimentati rispettivamente il primo esemplare di cannone da 76/62 mm "Compatto" e il sistema missilistico a corto raggio superficie-superficie Nettuno/Sea Killer.
Anche gli anni '60 furono caratterizzati da un incremento quantitativo del naviglio grazie a cessioni di materiale statunitense. Nel 1960 veniva infatti consegnato il sommergibile Evangelista Torricelli (ex USS Lizardfish), seguito sette anni più tardi da altri due battelli di caratteristiche simili, ribattezzati Alfredo Cappellini (ex USS Capitaine) e Francesco Morosini (ex USS Besugo), che assieme al naviglio già in linea vennero riuniti nel 1° Gruppo Sommergibili di Taranto, in previsione del costituendo 2' Gruppo (di base ad Augusta) basato sui 4 Toti allora sugli scali. L'altro settore a beneficiare di una qualche forma di potenziamento fu quello del supporto logistico ed anfibio, dove si potè finalmente colmare la grave lacuna rappresentata dal vetusto materiale in servizio, risalente al periodo bellico. Fra il 1957 ed il 1970 giunsero infatti, sempre dagli USA, quattro unità: le navi da trasporto e da sbarco Andrea Bafile ed Etna, la nave da sbarco Anteo e la nave appoggio incursori Pietro Cavezzale.
Le prime due piattaforme, costruite nel periodo bellico, rappresentarono il primo passo per un efficace potenziamento della componente anfibia nazionale, permettendo il trasporto di una consistente aliquota di mezzi da sbarco tipo MTM/MTP oltrechè, col Bafile, l'utilizzazione di elicotteri per l'assalto verticale; l'Anteo fu invece la prima unità d'altura italiana dotata di portellone prodiero per lo sbarco di mezzi ruotati e cingolati direttamente sulla spiaggia. Prima del trasferimento alla Marina Militare queste unità erano state sottoposte a lavori di revisione generale; dopo il loro arrivo in Italia si resero però necessari ulteriori interventi, sia per migliorarne le caratteristiche generali sia per consentire alle navi di rimanere a lungo in servizio, in attesa della disponibilità di fondi sufficienti al rinnovamento di questa componente della flotta.
Le unità della Marina Militare a metà degli anni '60 |
Incrociatori lanciamissili |
Giuseppe Garibaldi, Andrea Doria, Caio Duilio. |
Cacciatorpediniere |
Impavido e Intrepido (lanciamissili), Indomito e Impetuoso; San Giorgio (impiegato come nave scuola) e San Marco; Aviere e Artigliere. |
Sommergibili |
Toti, Bagnolini, Mocenigo, Dandolo, Torricelli, Cappellini e Morosini (ceduti dagli USA nel '60/66); Calvi, Da vinci e Tazzoli (ceduti dagli USA nel '54/55). |
Fregate |
Centauro, Cigno, Canopo e Castore, Bergamini, Rizzo, Fasan, Margottini, Aldebaran, Andromeda, Altair. |
Corvette |
De Cristofaro, Grosso, Todaro, Visintini, Aquila, Airone, Alcione e Albatros, Vedetta; 18 unità classe Gabbiano/Ape. |
Motocannoniere e motosiluranti |
Freccia, Saetta, Lampo, Baleno, Fulmine, Folgore; tre unità ex USA tipo Higgins '78. |
Naviglio contromisure mine |
4 dragamine oceanici classe Storione; 17 dragamine costieri classe Abete e 19 classe Agave; 20 dragamine litoranei classe Aragosta; dragamine Mandorlo (ceduto dagli USA nel '61). |
Naviglio per operazioni anfibie |
6 cannoniere d'appoggio classe Cani; navi da sbarco Etna e Anteo (cedute dagli USA nel '61). |
Nota |
Risultavano inoltre in servizio due navi idrografiche, 21 unità ausiliarie e oltre 150 unità d'uso costiero e locale. |