I tradizionali concetti di «Difesa» e «Sicurezza» applicati al dominio marittimo si riferiscono e contemplano situazioni ben definite e ormai codificate. Nel primo caso: la «Difesa», il D.LGS. 15 marzo 2010, n. 66 - Codice dell’ordinamento militare (COM), agli articoli 110 e 111; l’art. 110 specifica chiaramente come «La Marina Militare, costituisce la
componente operativa marittima della difesa militare dello Stato», inclusa la protezione e la salvaguardia degli interessi marittimi vitali del paese, ovunque essi occorrano. Nel secondo caso: la «Sicurezza», si intende l’ampia gamma di situazioni pregiudizievoli la sicurezza e il buon ordine del mare attraverso eventi di origine antropica (come gli incidenti), naturale (come le calamità) o dolosa (come le azioni criminali). Più in dettaglio, l’accezione «Sicurezza marittima» ha assunto nel XXI secolo un significato molto più ampio e inclusivo (anche a livello internazionale con la definizione di «Maritime Security»), venendo adottata diffusamente da una moltitudine di attori istituzionali e non, per indicare e riferirsi nell’ambito di qualunque situazione o contesto più ampio che perturbi gli equilibri del dominio marittimo. Similmente, a titolo esemplificativo, possiamo citare il termine «guerra» che, nel lessico comune, è comunemente usato per indicare qualunque reazione a situazioni che pregiudicano il regolare svolgimento della vita di tutti i giorni: «guerra al Covid»; «guerra alla criminalità»; «guerra allo spaccio»; «guerra agli evasori», e così via.
Possiamo allora sostenere come «Sicurezza marittima» racchiuda una vasta e complessa realtà che, spesso, non permette di tracciare nette linee di demarcazione tra un ambito e l’altro o tra un referente e l’altro. Essa abbraccia una moltitudine di settori, il più delle volte interconnessi e interdisciplinari, modulati secondo diversi gradi di pericolosità e immanenza: si passa cioè da situazioni o contesti che riguardano da vicino la difesa militare vera e propria, alla sicurezza economica, energetica, alimentare, delle comunicazioni, cibernetica, ambientale, delle risorse minerarie, per indicare i più rilevanti senza trascurare anche quella turistica, ludica in generale.
Volendo individuare un punto d’origine da cui far iniziare questo processo evolutivo dei concetti di «Difesa» e «Sicurezza» applicati al dominio marittimo, che è stato peraltro accompagnato da una vera e propria trasformazione e rinnovamento nell’impiego delle navi da guerra, bisogna risalire alla fine della Guerra Fredda, quando, con la caduta del Muro di Berlino, si è inaugurata l’epoca delle operazioni di risposta alle crisi. Infatti, soprattutto con le operazioni NATO di «Crisis Response Operation/non art. 5» e con l’impiego delle navi da guerra, è stato esteso dal mero confronto militare simmetrico al più ampio, variegato e strategico perimetro della «Maritime Security». Si tratta di compiti aggiuntivi che includono, tra gli altri: la presenza e la sorveglianza marittima; l’anti-terrorismo; la protezione delle infrastrutture critiche; il mantenimento della libertà di navigazione (nell’ambito del quale rientra l’anti-pirateria); la lotta alla proliferazione della armi di distruzione di massa; l’interdizione marittima; il supporto alla compilazione del quadro di consapevolezza situazionale, la «Maritime situational awareness"; l’assistenza a paesi terzi nella costruzione di capacità nell’ambito marittimo la «Capacity building», l’assistenza umanitaria e la risposta ai disastri; cui si aggiunge il ruolo di polizia dell’alto mare.
La combinazione di tutti questi compiti addizionali ha trovato una declinazione operativa nel concetto di
Sicurezza Marittima Avanzata. Si tratta di un concetto di sicurezza marittima «a tutto tondo», a tutela del benessere collettivo che — in aggiunta agli aspetti squisitamente operativi — abbraccia un perimetro più ampio, dalla deterrenza al
capacity building (ovvero sviluppo di capacità e
best practice per i paesi costieri e scambio informativo), dalla cooperazione internazionale al supporto alla politica estera nella proiezione del concetto di «Sistema-Paese».
Proprio per indirizzare le molteplici sfaccettature e implicazioni della sicurezza marittima sugli equilibri delle relative attività, la comunità marittima nazionale ha cominciato a levare la propria voce per segnalare che è necessario e non più rinviabile dare concreta attuazione a un approccio collegiale integrato e sinergico — sotto egida governativa — capace di guardare in ottica avanzata e preventiva alla promozione e salvaguardia degli interessi nazionali, superando frammentazioni foriere di paradigmi ormai incompatibili con le dinamiche globali.
Da questa fondamentale esigenza discende la necessità di attualizzare anche nel dominio marittimo un approccio sistemico — all’interno del quale la
Sicurezza Marittima Avanzata deve svolgere un ruolo abilitante e prospetticamente strategico per il posizionamento del paese nello scacchiere internazionale — che coinvolga tutta la comunità marittima istituzionale e non, integrata dal mondo dell’industria, ricerca, accademia, scuola, terzo settore. E, come già sottolineato, in un mondo più complesso, in un mare sempre più oggetto di dispute e arena di confronto internazionale, dove i confini dei pericoli e delle minacce alla sicurezza marittima e al buon ordine del mare sono sempre più labili e sfumati, si impone l’avvio di un percorso che porti a un’evoluzione dei concetti di difesa e sicurezza applicati al dominio marittimo verso una loro convergenza. In tale contesto le unità della Marina e, in particolare la capacità portaerei e anfibia assumono una rilevanza strategica fondamentale e trasversale sia che si tratti di «Difesa», sia che si tratti di «Sicurezza marittima» a più ampio spettro. E proprio questo principio è riconosciuto dall’UE che prevede, a seconda della natura dell’operazione, come la dimensione della forza possa variare da un piccolo gruppo di lavoro, composto da poche navi, a una
taskforce a gamma completa composta da portaerei, scorta e navi di supporto e una componente anfibia, se necessario, per portare a termine il compito richiesto. Una capacità pienamente e unicamente esprimibile nel contesto europeo dalla portaerei italiana
Cavour con i nuovi caccia F-35B dell’Aviazione Navale.
E mi fa piacere chiudere col pensiero alla nostra portaerei che, proprio mentre questo numero della
Rivista va in stampa, naviga con la prora verso gli Stati Uniti per condurre la campagna di qualificazione all’impiego del nuovo velivolo.
Editorial January 2021
The traditional concepts of “Defence” and “Security” applied to the maritime domain relate to well-defined situations. In the case of “Defence”, the legal reference is Legislative Decree No. 66 of March 15, 2010, - Code of Military Organization (COM), articles 110 and 111. Article 110 clearly states that “The Italian Navyprovides the
maritime component of the State's Defence capabilities”, also tasked with protecting vital maritime interests of our country, wherever needed. The “Security” concept embraces the whole range of situations likely to have detrimental effects on the security and good order of the sea, in case of anthropogenic events (such as incidents), natural hazards (such as catastrophes), or malicious activities (such as criminal actions). More precisely, in the 21st century, the concept of "Maritime Security" has taken on a wider and more inclusive meaning (also at international level), and is now largely used by a multitude of institutional and non-institutional actors to indicate any situation or wider context that may upset the balances of the maritime domain. Likewise, by way of example, we could mention the term “fight”, which is commonly used to indicate a reaction to counter situations that may threaten normal daily life: “fight against Covid-19”; “fight against crime”; “fight against drug trafficking”; “fight against tax evasion”, and so on.
We can therefore affirm that the concept of "Maritime Security" covers a large and complex number of issues between which it is often hard to draw lines of demarcation. It encompasses multiple sectors (most often intertwined and interdisciplinary), characterised by different levels of dangerousness and urgency, ranging from issues closely related to sheer military defence, or to security in sectors including economy, energy, food, communications, cyber, environment, mineral resources, just to mention the most crucial areas, without neglecting tourism and leisure activities.
The post-Cold War environment, with the fall of Berlin Wall, saw the onset of the crisis management operations era. Since then, the concepts of “Defence” and “Security” applied to the maritime domain have evolved, including, among other things, a real change in warship deployment. In fact, with NATO Non-Article 5 Crisis Response Operations and warship deployment, the mere symmetric warfare has developed within the wider, variegated and strategic scope of “Maritime Security”. This implies additional tasks including maritime presence and surveillance, counterterrorism, protection of critical infrastructures, protection of the freedom of navigation (encompassing counter-piracy duties), fight against proliferation of weapons of mass destruction, maritime interdiction, support to Maritime Situational Awareness, capacity building initiatives for third countries, humanitarian assistance and disaster relief, and, last but not least, Maritime Law Enforcement.
The combination of all these additional tasks has become operational within the more comprehensive concept of
Advanced Maritime Security, whose larger scope includes not only operational aspects, but also deterrence, capacity building (development of capabilities and best practices for coastal countries, and information sharing), international cooperation, and support to foreign policy in promoting the concept of “national country system”, for the benefit of the community.
It is in order to handle the multi-faceted implications of maritime security, that the national maritime community has begun to urge the crucial need for the adoption of a common integrated and synergistic approach — under the auspices of the government — able to promote and protect national interests with a far-seeing mindset, overcoming fragmentation, now incompatible with global dynamics.
A systemic approach should be therefore implemented in the maritime domain — within which the
Advanced Maritime Security must play an enabling and strategic rolefor the international positioning of our country — involving the entire maritime community (both institutional and non-institutional), along with industry, research and academic world, schools, and third sector. Moreover, as already mentioned above, in a more complex world, where the seas are one of the major global issues, more and more frequently under dispute, and the contours of risks and threats to the security and good order of the sea are increasingly blurred, the evolving concepts of defence and security applied to the maritime domain must converge. In this context, the Italian Navy’s units – notably aircraft carrier and amphibious capabilities – assume a fundamental strategic importance, both in terms of “defence” and “Maritime Security” in a broader sense. In fact, this principle is recognised by the EU, which envisages mission-tailored forces, ranging from small formations to complete naval task forces consisting of an aircraft carrier, escorts, auxiliary ships, and an amphibious component, when necessary, in order to fulfil assigned tasks. In the European context, such capability will be fully and exclusively delivered by aircraft carrier
Cavour, ready to operate the new F-35Bs.
In conclusion, I would like to turn my thoughts to our aircraft carrier, which, while this issue of the
Rivista is going to press, is en route to the United States to obtain certification to operate the new fighter aircraft.
Daniele Sapienza