​Biocombustibili – Il Green Diesel

I biocombustibili sono prodotti dal trattamento di biomasse ovvero materiale organico di origine vegetale o animale e possono essere impiegati in luogo dei combustibili tradizionali derivati dal petrolio.

L'impiego di bio-combustibili, in particolare quelli ricavati da olii vegetali, presenta il vantaggio di una significativa riduzione delle emissioni di anidride carbonica, stimata in circa il 52% rispetto ai fossili, poiché viene conteggiato positivamente l'assorbimento di CO2 durante il ciclo di vita della pianta oleosa.

Inoltre la diversificazione delle fonti di approvvigionamento incrementa la cosiddetta sicurezza energetica nazionale.

I biocombustibili normalmente impiegati nel settore automotive (es gli esteri metilici da acidi grassi, c.d. F.A.M.E.) presentano problemi di compatibilità in campo navale a causa delle scarse qualità chimico-fisiche che ne compromettono sia la miscibilità con il gasolio fossile che lo stoccaggio prolungato nei depositi di bordo. Infatti la molecola del F.A.M.E. contiene un’importante percentuale di Ossigeno, che la rende igroscopica, favorendo dunque la formazione di condensa, e a seguire, la proliferazione batterica, in particolare per le applicazioni, come quelle navali, dove il combustibile viene stoccato per periodi prolungati ed in ambienti umidi e soggetti a continue escursioni termiche.

La Marina Militare ha pertanto siglato, nel dicembre 2012, un accordo di collaborazione con la Società ENI, per lo sviluppo e la sperimentazione di un combustibile alternativo, di origine rinnovabile completamente compatibile con le severe normative NATO sui combustibili navali.

Nel 2013 il Centro Ricerche ENI di S. Donato Milanese, in collaborazione con la statunitense Honeywell-UOP, ha messo a punto, tramite una serie di test di laboratorio e prove al banco su motori, la tecnologia Ecofining™. Il risultato finale di questa tecnologia è il combustibile H.V.O. (Hydrotreated Vegetable Oil), che la Marina Militare Italiana ha sperimentato in miscela al 50% con il gasolio tradizionale di origine fossile, conforme alle specifiche NATO, senza quindi alcuna necessità di apportare modifiche o accorgimenti agli impianti e circuiti di Bordo.

La materia prima impiegata per la produzione di H.V.O. era inizialmente olio di palma sostenibile certificato, ovvero non in competizione con il mercato alimentare; tuttavia, già da tempo, le bio-raffinerie di ENI impiegano materie prime di seconda generazione.

La sperimentazione diretta a bordo del Green Diesel, ovvero la miscela al 50% di gasolio fossile ed HVO è stata avviata a Gennaio 2014 sul Pattugliatore d'Altura Foscari, la prima Unità Navale in Europa ad aver impiegato a Bordo un combustibile di origine rinnovabile. Il 2 aprile 2014, il Capo di stato maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi e il Secretary della US Navy, Ray Mabus, hanno firmato, nella bioraffineria ENI di Porto Marghera, un accordo di cooperazione per condividere i risultati delle sperimentazioni nel campo dei combustibili rinnovabili e per l'interoperabilità dei carburanti di nuova generazione per navi e aeromobili.

Nello stesso giorno, si è dato simbolicamente l'avvio della produzione dell’HVO di ENI nella bio-raffineria di Porto Marghera.

SOC 2 Aprile 2014

La sperimentazione è proseguita nel corso del 2015 con altre navi della Squadra Navale. In particolare su nave Cavour è stata verificata la riduzione delle emissioni dei NOx (fino al 6%) con l'utilizzo del Green Diesel, mentre il cacciatorpediniere Duilio ha utilizzato il Green Diesel con le Turbine a Gas fino alla massima velocità.

Il Green Diesel è stato poi sperimentato sul sommergibile Gazzana (giugno 2015) e sulla fregata Maestrale (novembre 2015).

Il 16 giugno 2016, nell'ambito di un'esercitazione congiunta delle Unità MMI con unità della USN, è stato condotto un rifornimento in mare durante il quale nave Etna ha fornito contemporaneamente  a navi italiane e della US Navy Green Diesel prodotto in Italia, suggellando così la collaborazione delle due Marine nel settore dei biocombustibili.

La Marina Militare Italiana, a valle del programma di sperimentazione, impiega regolarmente a bordo quote rilevanti di combustibile "Green Diesel" con componente di origine rinnovabile.

L’idrogeno

L’idrogeno sta assumendo un ruolo sempre più di primo piano nello sviluppo di un’economia a zero emissioni di carbonio, che possa anche essere “circolare”, ovvero in grado di rigenerarsi attraverso il riutilizzo dei materiali, riducendo al massimo gli sprechi. L’ottimizzazione dei processi di produzione dell’idrogeno a basso impatto ambientale, attraverso l’elettrolisi dell’acqua, rendono l’idrogeno verde, oltre che una risorsa potenzialmente illimitata, il vettore energetico ecologico per eccellenza.

La Marina Militare, già venti anni or sono, per i suoi sottomarini di nuova generazione della Classe  U212A, ha scelto l’idrogeno, il cui utilizzo nelle celle a combustibile, consente una propulsione indipendente dall’aria in grado di garantire ai mezzi subacquei una lunga permanenza negli abissi e con impatto ambientale quasi nullo.

Visibilità per un sottomarino vuol dire vulnerabilità. La scelta, altamente innovativa (ancor più all’epoca), di adottare la propulsione a Fuel Cell dunque ha radici di natura strategica, ma fu operata anche con uno sguardo al futuro verde della società civile. Verde anche perché l’unico prodotto di scarto delle Fuel Cell è acqua ossigenata che viene anch’essa impiegata per gli usi di bordo, nel pieno spirito di ottimizzazione che da sempre contraddistingue la progettazione di macchine perfettamente integrate come i moderni sottomarini.

Inoltre l’esperienza maturata in oltre venti anni di rifornimento di idrogeno nel mondo, a favore dei sistemi di propulsione dei propri sottomarini, ha portato la Marina a fronteggiare le criticità del trasporto e della gestione dell’idrogeno là dove richiesto. Un’esperienza che oggi può essere messa al servizio della realizzazione di infrastrutture di produzione, accumulo e trasporto che sposi in pieno l’economia circolare delle reti green.

Dagli abissi del mare, emergono dunque tecnologie di sviluppo sostenibile che, opportunamente collocate come volano di un sistema di ingranaggi, operante in sinergia, tra realtà industriali e mondo accademico nazionali, rappresentano un’opportunità per il comparto industriale, navale e subacqueo e, potenzialmente, di sostegno all’industria nazionale di altri settori strategici per la Difesa e per il Paese, nell’ottica di aprire nuovi sbocchi sui mercati, rispondenti ad una vision convintamente orientata alla crescita ed all’arricchimento del Sistema Paese.