Marina Militare

"Vince la sfida chi si adatta più rapidamente al cambiamento."
La parola al capitano di vascello Gianluca Marcilli, capo ufficio Innovazione Tecnologica della Marina

25 febbraio 2025 Viviana Passalacqua

​Innovazione e resilienza, versatilità e precisione. Sono le keywords individuate dalla Marina Militare in risposta alle sfide del conflitto internazionale e del confronto geo-politico moderno. Minacce che fino a 20 anni fa erano considerate solo 'possibili', come i missili e i droni, sono oggi un'eventualità concreta per le nostre navi, pronte a fronteggiare attacchi inaspettati e tecnologicamente avanzati.

“In contesti adversary – spiega il capitano di vascello Gianluca Marcilli, Capo Ufficio Innovazione Tecnologica della Marina Militare – vince chi risponde meglio al cambiamento. La capacità di adeguare i propri strumenti per superare l'avversario è fondamentale. Oltre a essere una delle brillanti intuizioni di Sun Tzu ne 'L'Arte della Guerra', è il modello alla base della nostra pianificazione operativa, che si rifà anche alla 'Teoria dei Giochi': muovendo una pedina sulla scacchiera, la contromossa dell'altro sarà conseguente alla mia, ma difficilmente prevedibile nella sua evoluzione, specie in contesti in cui la variabilità del possibile feedback è molto elevato.  Il grado di adattabilità delle parti sul campo di battaglia, il saper reagire in maniera creativa, al di fuori di schemi preordinati, diventa un fattore determinate".

Quello della flessibilità, della rapidità di risposta, è un concetto basilare. In termini di tecnologici significa che, ad esempio, i sistemi di guerra elettronica progettati per ingannare i droni kamikaze possono avere – nel corso di un conflitto – una vita media di circa 4-5 settimane, prima di essere neutralizzate dalle contromisure avversarie. Una tempistica molto breve, che richiede nuove soluzioni in tempi altrettanto brevi. Vanno individuate soluzioni tecniche e tecnologiche in grado di garantire l'aggiornamento rapido ed efficace delle piattaforme: è la mission dell'Ufficio Innovazione Tecnologica, ricompreso all'interno dell'Ufficio Generale Innovazione e Spazio della Marina Militare, che supporta le diverse anime dello Stato Maggiore nell'integrazione di elementi tecnologici 'on the edge', avvalendosi di sinergie con l'Industria, le università e i centri di ricerca.

Quanto è sostenibile la 'rincorsa' tecnologica all'innovazione?

È necessario sviluppare prodotti ad hoc in una dimensione altamente concorrenziale. Come avviene nell'Information Technology, arrivare secondi spesso significa arrivare ultimi. Un prodotto immesso sul mercato in ritardo è percepito dai clienti come meno appetibile: allo stesso modo un'innovazione tecnologica ha valore solo finché questa costituisce un vantaggio sul campo. Per anni abbiamo garantito deterrenza grazie al cosiddetto 'vantaggio sul gap tecnologico': in caso contrario, l'azzeramento o l'inversione del rapporto di forza costringe a rincorrere l'avversario. In quest'ottica, molto dipende da come i sistemi vengono pensati e strutturati per essere aggiornati nel tempo. Cruciale è lo sviluppo di 'processi agili' che diano vita a rapporti sinergici con il privato e i poli della scienza e del sapere, volti ad accelerare progetti che permettano alle nuove navi di ammodernarsi velocemente e a costi contenuti. Mentre sugli elementi strutturali delle navi questa accelerazione è ancora molto difficile da attuare, per la parte  software le opportunità sono decisamente più promettenti. Guardando al mondo industriale, ad esempio quello dell'automobile, troviamo diverse iniziative basate sul concetto del 'software-defined' e in particolare del 'software-first': ciò significa proporre sistemi la cui la rapidità di adattamento delle piattaforme dipenderà per la maggior parte da aggiornamenti software, anche in caso di integrazione di nuovi componenti hardware. A bordo delle navi – grazie alle moderne tecnologie cloud – saranno realizzati data center in grado di ospitare sistemi aggiornabili con una semplicità e una rapidità inedita in campo navale. Queste tecnologie non sono del tutto nuove per la Marina Militare. Internamente parliamo infatti di un cloud navale di seconda generazione.

Qual è la sfida prioritaria per la Marina in questo momento?

L'imperativo è dare attuazione al concetto di modularità, di Multi Capability Carrier: saranno introdotti nuovi sistemi d'arma, sensori, sistemi di electronic warfare, e va considerato l'impiego operativo di nuovi droni di superficie, d'aria e subacquei. In sostanza, la nave dev'essere riconfigurabile in base alla missione, con modifiche minimali alla piattaforma. L'integrazione di questi sistemi a bordo dovrà convergere su piattaforme omogenee che semplifichino e velocizzino le fasi di sviluppo, integrazione e test (approccio DEVSECOPS). Stiamo lavorando per raggiungere una convergenza architetturale fra i sistemi di controllo di ciò che 'fa vivere' l'unità – propulsione, generazione, sistemi di supporto e governo – ovvero lo ship management system e il Sistema di Combattimento (SdC).

Quali sono i progetti in cantiere dello Stato Maggiore della Marina?

Fra le iniziative più importanti abbiamo il Naval Innovation Compass, che vede la Marina Militare collaborare con Fincantieri e Leonardo per coordinare lo sviluppo di progetti innovativi da sviluppare con un orizzonte temporale medio-lungo, proiettati al 2030. Iniziative diverse e ambiziose: dai sistemi unmanned e counter-unmanned alle armi a energia diretta, dai nuovi sensori radar per contrastare le minacce ipersoniche alle architetture energetiche di bordo basate sul concetto di smart grid navale, più capaci in termini di potenza e più sostenibili. Si tratta di innovazioni che non possono essere inquadrate solamente all'interno del programma di acquisizione di una nuova unità navale, e richiedono diversi anni per essere portate a termine. Parallelamente, ci aspettiamo di integrare sistemi di Intelligenza Artificiale nei sistemi di bordo e nelle nostre attività quotidiane per velocizzare sia le attività di routine sia i processi decisionali. Stiamo poi lavorando a progetti sperimentali come il 'MarinAI'. Parliamo di Agenti AI e di chat specializzate interne alla Forza Armata, senza fuoriuscite di informazioni dalle reti della Difesa. Ancora: il progetto di ricerca 'Sciamano', del Piano Nazionale di Ricerca Militare, ha già dato risultati significativi: sono state individuate le possibili missioni, le interfacce fisiche e logiche per l'integrazione dei droni a bordo in termini di lancio e recupero, la movimentazione interna e le modalità di manutenzione.

 

Il dominio più difficile da affrontare in fatto di rivalità tecnologiche?

L'underwater. Il contesto è particolarmente sfidante: l'ambiente sottomarino è ostile tanto all'uomo quanto alla tecnologia, dove le comunicazioni risultano molto più complesse rispetto a quelle negli altri domini. Uno dei possibili scenari in fase di studio è quello di utilizzare mezzi unmanned per la protezione dei fondali marini e delle infrastrutture critiche, il che rende necessaria una tecnologia capace di garantire una comunicazione efficiente con sensori e mezzi dispiegati sui fondali marini: attualmente siamo al lavoro sulle comunicazioni laser e sull'utilizzo delle tecnologie quantistiche.

Cognitive warfare e gap tecnologico, quale la dimensione più pericolosa?

In termini di rischio, a mio parere in questo momento la dimensione cognitiva è quella più pericolosa. La cognitive warfare utilizza strumenti non direttamente classificabili come atti di 'guerra', e non immediatamente riconoscibili. Mentre la comunicazione digitale fa leva su processi cognitivi per lo più irrazionali e intangibili come i bias cognitivi, un missile che invece lascia tracce evidenti del suo impatto. Sussiste inoltre una naturale reticenza ad ammettere le rispettive fragilità: pochi accettano l'eventualità di poter essere manipolati. Tra l'altro, la cognitive warfare può mettere in crisi la volontà stessa di combattere: l'uso dell'Intelligenza Artificiale e più recentemente dell'AI generativa permette di sviluppare a bassissimo costo campagne di comunicazione su larga scala e con un grado di personalizzazione sui singoli individui mai visto prima nella storia. Può bastare anche un semplice clickbait o meme per solleticare la curiosità o l'istintualità di un utente dei social network: ne deriva la stimolazione di emozioni molto forti che possono annichilire le difese razionali e rendendo possibile bersagliare i 'difetti' del nostro cervello, le nostre vulnerabilità. Uno dei nostri obiettivi di ricerca è l'impiego dell'intelligenza artificiale come strumento di difesa in termini di early warning (avviso preventivo), non tanto mirato alla verifica delle più famose fake news, quanto al monitoraggio di 'comportamenti' manipolatori da parte di social bot che, ad esempio, fomentino la polemica, la polarizzazione delle posizioni o la paura, nei testi di commento ai post sui social e, soprattutto, nelle chat di instant messaging molto utilizzate anche dai nostri equipaggi.

 

Il risultato più significativo in termini di innovazione tecnologica raggiunto sinora?

Sicuramente la realizzazione della naval cockpit, un unicum nel suo genere: data fusion e one man on bridge concretizzato su nave militare. Un progetto molto ambizioso e dirompente non tanto dal punto di vista delle tecnologie impiegate ma per il concetto operativo sotteso, che rompe decisamente gli schemi della tradizione antica legata alla condotta delle navi. Ispirato al cockpit degli aerei e degli elicotteri, ambisce al concetto operativo estremizzato oggi dagli F35: le informazioni convergono in un'unica postazione, dove vengono sintetizzate e presentate in modo da velocizzare i processi decisionali del pilota.  Persone al centro, navi sempre più progettate intorno all'equipaggio, non il contrario: è il pilastro della nostra modernizzazione.

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Future Combat ​Naval System ​2035