Marina Militare

Re della Centrale Operativa di Piattaforma, medico del ‘ferro che cinge questa nave’. Intervista al capitano di corvetta Antonio Pepe, Direttore di Macchina della fregata Marceglia

14 giugno 2025 di Viviana Passalacqua

Se non c'è lui, la nave 'non esiste'. Perché per spostare 6.900 tonnellate d'acciaio in mezzo al mare, o anche solo per 'farla vivere' ormeggiata in porto, serve un cuore che batte. Tutti i giorni, 24 ore al giorno, a una potenza di 2.15 MW.

Responsabile di queste pulsazioni e della 'salute' di ogni singola componente dell'unità, è il Direttore di Macchina, capo della Centrale Operativa di Piattaforma (COP). Il cuore, appunto, della nave. Da lui dipendono direttamente la direzione della propulsione meccanica, il funzionamento e la manutenzione degli impianti di bordo, come pure la vivibilità degli ambienti e il benessere dell'equipaggio.

“In caso di avaria, si analizza la problematica per risalire alla causa. Si procede per tentativi, escludendo le alternative plausibili in forza di una tesi che diventa incontrovertibile e risolutiva. Il segreto per aggiustare le cose è saperne cogliere l'essenza più profonda", ci spiega il capitano di corvetta Antonio Pepe, Direttore di Macchina di nave Marceglia. Per tutti, è 'il Dir': riferimento dei 180 marinai di bordo nonché del Comandante, figura apicale e irrinunciabile per consentire la conduzione dell'unità.

Frutto del suo lavoro è il raggiungimento di un equilibrio delicato e complesso, imprescindibile: l'armonia di tutte le cose perseguita con logica matematica, la 'diagnosi' di eventuali guasti e la cura di ogni elemento prestate con la perizia di un dottore. Deus ex machina, che arriva in tempi brevi a svolgere la matassa più intricata: l'arresto di un macchinario, ad esempio, può dipendere dall'usura di una componente meccanica, o di un cavo elettrico, ma anche da una scorretta 'lettura' dei sensori che inviano segnali sbagliati alla logica di controllo.

Tocca al Dir scoprire il perché, il quando, il come.

Grado amaranto da ufficiale del Corpo del Genio della Marina Militare , 40 anni, campano di Battipaglia, in provincia di Salerno, Pepe è entrato in Accademia Navale nel 2004. Naviga da 12 anni: prima sull'Espero, fregata classe Maestrale, poi a bordo dell'Anteo, unità ausiliaria di supporto al Gruppo Operativo Subacquei, e infine sul Marceglia, attualmente impegnato nella Campagna di proiezione operativa in Indopacifico.

Perché la Marina Militare e perché la passione per le navi?

La Marina è stata la risposta al mio desiderio di intraprendere degli studi di Ingegneria specializzati, nello specifico quelli in Ingegneria navale: prima in Accademia Navale a Livorno, dove ho conseguito la laurea triennale, poi presso l'Università Federico II di Napoli, dove ho completato gli studi con la laurea specialistica, compiendo al tempo stesso un percorso professionale legato al servizio nelle Forze Armate, sulla scìa dei racconti della vita militare di mio nonno.

Qual è la specificità dell'Ingegneria applicata al mondo Marina, alla nave?

Quello in Ingegneria navale è un percorso molto gratificante. Da un lato, in termini progettuali, è la branca più interessante e complessa del settore: progettare una nave è come percorrere una spirale, dove per ogni giro, ogni parametro scelto viene verificato, bilanciato e armonizzato con tutti gli altri fino a convergere in una simmetria unica e irripetibile. In particolare, si parte dal concept con la definizione dei requisiti che la nave dovrà avere per ottemperare all'obiettivo di missione, si passa successivamente a dimensionare i singoli elementi che dovranno comporre il nostro puzzle, e infine si arriva alla fase di costruzione e di allestimento dell'unità. Dall'altro, in Forza Armata, è compresa l'esperienza di bordo, che regala un feedback continuo rispetto alle effettive esigenze del mezzo e quindi alla modifica di alcuni parametri per il miglioramento continuo del progetto navale stesso.

Come si può migliorare il 'progetto nave' e quali sono i progressi rispetto al passato?

Sicuramente con la tecnologia, con l'automazione. Ad oggi i macchinari a conduzione remota riescono ad essere più che performanti: con un semplice click possiamo aprire una valvola, avviare un impianto o addirittura cambiare l'assetto propulsivo, mentre in passato era richiesto uno sforzo manuale intenso, fisico nella condotta delle macchine. Parliamo dell'opportunità – nella Centrale Operativa di Piattaforma – di avere una vera e propria sede di comando e controllo di tutte le apparecchiature, una visione univoca di ciò che accade su tutta la nave grazie anche alla sensoristica che, da più punti, invia i segnali da attenzionare, i parametri da monitorare. Grandi passi avanti in questa direzione sono stati fatti in merito alla sicurezza di bordo, in particolare per la difesa antincendio. Ne deriva un'ottimizzazione generale dell'impiego del personale.

Arriviamo così al suo regno, la COP, il 'cuore della nave'. “Pazzi pur si vive, ma senza cuor si muore", è vero?

La COP è verosimilmente il 'cuore che batte'. Goliardicamente, tra ufficiali si scherza sulla distinzione tra attività di conduzione, che fa capo alla plancia e alla Centrale Operativa di Combattimento (COC), considerati entrambi il 'cervello della nave', e quella di manutenzione, riconducibile alla COP. Paragonando il mezzo all'anatomia umana, mentre il cervello stabilisce rotta e velocità, il cuore pulsante scandisce il ritmo del sangue nelle periferie e quindi il movimento dei muscoli, che nel nostro caso sono i macchinari e, in ultima analisi, tutta la nave nella sua interezza.

Responsabilità del Direttore?

Fondamentalmente la supervisione del 'sistema nave', comprensivo di due funzioni principali: la prima relativa alla mobilità, quindi al governo e alla propulsione della nave, l'altra alla vivibilità, cioè luce, aria condizionata, acqua, tutti i servizi base che – a prescindere dal fatto che la nave si muova oppure no – devono funzionare. Una nave viene concepita come mezzo di trasporto, per l'equipaggio e per il suo sistema d'arma e di combattimento: fisicamente, è una piattaforma mobile che deve garantire condizioni ambientali che permettano alle persone di poter compiere la loro missione, quindi di vivere bene a bordo, e al sistema di combattimento di funzionare. È il 'sistema nave' che garantisce tutto ciò. Come Direttore, mi occupo della 'corretta conduzione' dei cosiddetti impianti di piattaforma dal punto di vista operativo, supervisionando l'avvio e il monitoraggio dei vari macchinari che devono trovarsi in linea con i parametri di funzionamento, e dal punto di vista manutentivo programmando interventi ordinari e straordinari per l'esecuzione delle riparazioni necessarie.

Quanto al sistema di combattimento, come interviene la COP?

Erogando e distribuendo la corrente elettrica prodotta dai generatori, i fluidi operativi come l'aria in pressione che può servire, ad esempio, ai cannoni e l'acqua di refrigerazione per i radar. Il concetto di 'sistema nave' riguarda tutta la nave, intesa come piattaforma funzionante. Senza COP manca il cuore, muore tutto l'organismo: l'unità non si muove e non c'è vita di bordo. Chiaramente ognuno agisce per competenza: il Direttore di macchina non aziona il cannone, ma offre al sistema combattimento le risorse e le condizioni ambientali per poter operare: se gli apparati raggiungono temperature elevate non funzionano.

In caso di guasti, è più difficile porvi rimedio in navigazione?

Ci sono problematiche più o meno impattanti per il proseguimento della missione, per le implicazioni a bordo: una fra tutte può riguardare la propulsione, ma un'avarìa resta tale in ogni caso, e va risolta nel minor tempo possibile. Se la nave è in navigazione, bisogna garantirne prima di tutto il governo e la propulsione sfruttando ogni ridondanza possibile, cioè dei sistemi alternativi disponibili definiti già in fase progettuale, come una seconda pompa guardiana oppure un asset propulsivo basato su più motrici. Nel nostro caso, 2 motori elettrici e 1 turbina a gas. In porto la situazione non cambia: il servizio 'sistema nave' non conosce stop, a prescindere dalla navigazione, perché c'è sempre qualcosa da monitorare, da prevenire attraverso un'attività manutentiva periodica sui macchinari. Contrariamente a quanto si pensi, anche per garantire la sicurezza e l'operatività di una nave ormeggiata si hanno margini temporali risicati: se la data di partenza dell'unità è stata fissata, va rispettata, la missione va portata a compimento.

Quindi la COP non si 'spegne' mai, è operativa anche in porto?

Mai. La COP è attiva 24 ore su 24, è sempre vigile sulla sicurezza della nave, rende possibili tutti i servizi necessari e garantisce l'approntamento degli impianti a ogni navigazione. Il fatto di essere sempre presenti in nave, ci porta a considerarla fisicamente 'casa nostra': le riparazioni effettuate, per noi del 'sistema nave', equivalgono alle migliorìe apportate nelle rispettive abitazioni.  Questo è un aspetto importantissimo, dà la misura della soddisfazione raggiunta attraverso l'impegno.

Quant'è importante il processo decisionale?

È essenziale, vitale. La decisione che prendo è basata su input. Non vado a cercarli, scaturiscono dal lavoro di squadra: il personale tecnico alle mie dipendenze ha un'elevata conoscenza dell'impiantistica di bordo e stila dei report che mi aiutano a pianificare le azioni da intraprendere. La responsabilità del Direttore è sempre quella finale, è sua l'ultima parola: decreta se un apparato possa funzionare oppure no, se possa essere impiegato in condizioni ridotte e quali siano i limiti da fissare nel rispetto delle soglie di sicurezza. Ci assumiamo l'onere delle nostre valutazioni, è richiesta una capacità critica molto elevata.

Dovere e gratifica. Il suo è un incarico appagante, ma infinite cose dipendono da lei… come ci si arriva e in che modo si gestisce questa responsabilità?

La consapevolezza del proprio ruolo si raggiunge nel corso del tempo. Con il susseguirsi degli imbarchi, si comprende l'importanza di uno specifico apparato e la gravità di una sua eventuale avarìa. Ne è esempio proprio il condizionamento: basta il guasto di un compressore per alterare la temperatura e compromettere benessere ed efficienza. Le responsabilità sono crescenti, aumentano gradualmente durante il percorso professionale, c'è tutto il tempo di maturare per affrontare le incognite che inevitabilmente si presenteranno. Il peso della responsabilità è sempre congruo all'incarico rivestito a bordo: tante cose si possono superare anche con un sorriso, insieme al personale assegnato. Questa è senz'altro una delle esperienze più gratificanti: gestire un team di ufficiali, sottufficiali e graduati che lavorano gomito a gomito, per risolvere una problematica. Ci si ragiona per ore, 'chiavi inglesi in mano', si costruisce così la fiducia tra colleghi: un traguardo tagliato insieme, di fatto, 'crea' la squadra. Portare a casa l'obiettivo è la soddisfazione più grande, collettiva.

Qual è la chiave per un buon esito del suo lavoro?

La lucidità. Bisogna avere la mente sgombra, libera, per poter indagare un'avaria, contestualizzarla, e decidere le procedure da applicare. I guasti non sono tutti uguali: possono presentare stessi 'sintomi' riconducibili a cause differenti. La 'ricerca avarìa' è paragonabile alla visita di un dottore. La conoscenza del macchinario è fondamentale, come pure una memoria delle casistiche già occorse a quello specifico impianto: si tratta di un fermo causale, ripetitivo, accidentale?  A quel punto si dà il via alle 'prove', che portano alla soluzione.

La qualità umana irrinunciabile per un Direttore di Macchina?

La leadership. Il Direttore di Macchina è, innanzitutto, un team leader, a capo di un gruppo che s'identifica in lui. È una guida che indirizza l'operato quotidiano dei suoi uomini. Una presenza vicina, che li fa sentire parte di una squadra. E anche la squadra non è scontata, va 'creata': lo fa il capo. Va sviluppata l'empatia per motivare gli altri, vanno ascoltati tutti sempre e comunque analizzando ciò che viene detto. Alla base c'è la costanza: non si stringono rapporti stando chiusi in camerino, bisogna fare da collante, essere sempre pronti, diventare un riferimento.

La soddisfazione più grande?

Sentire l'ordine del Comandante di 'inserire i giunti': è una terminologia iconica in Marina, indica il momento della partenza effettiva, della messa in moto della nave che si traduce nella sinergia tra motore ed elica. In quell'istante inizia la navigazione, che è garantita dal tuo lavoro, ne è il risultato più immediato. In generale, si trova soddisfazione nelle piccole attività di tutti i giorni: creare legami di gruppo, portare avanti con successo le manutenzioni, organizzare una sosta lavori… a prescindere dall'attività operativa. Non serve mettersi alla prova in chissà quali scenari, già il fatto di permettere alla nave di partire, per qualunque destinazione e sempre al meglio delle sue possibilità, è motivante, appagante. Sono un tecnico, mi sento soddisfatto quando ho risolto il problema secondo logica matematica: applico una procedura, se non va bene tento un'altra strada, arrivo a sciogliere il nodo. E poi ci sono i rapporti umani, che valorizzano la dimensione professionale.