La Regione del mar Baltico comprende l'area geopolitica ed economica che si affaccia sul quel bacino. Si tratta, oggi, di nove Stati: Danimarca; Svezia; Finlandia; Federazione Russa; Estonia; Lettonia; Lituania; Polonia e Germania. In particolare la Federazione Russa si affaccia sul mar Baltico a Nord-Est con la città di San Pietroburgo, già Leningrado e, tra il 1914 e il 1924, Pietrogrado. In più esiste, a Sud-Ovest, l'oblast (Governatorato) di Kaliningrad. Un'exclave (1) della Federazione Russa collocata tra la Lituania e la Polonia che, fino al 1945, altro non era che la prussiana Königsberg, patria del grande filosofo Emanuele Kant. Alla fine della Seconda guerra mondiale fu abbandonata, in circostanze tragiche, dalla popolazione, portata in salvo dalla morente Marina tedesca, la quale bruciò, letteralmente, tra le mine e i siluri sovietici e le bombe angloamericane, le proprie ultime tonnellate di nafta per traghettare in occidente due milioni di civili. La città rimase un guscio vuoto in rovina per poi essere ripopolata da immigrati provenienti da ogni angolo dell'Unione Sovietica.

Il mar Baltico è un mare interno collegato al Mare del Nord attraverso i canali naturali del Kattegat e dello Skagerrak (a Nord) e attraverso gli stretti passaggi situati nel mezzo delle isole danesi (a Sud): l'Øresund, il Grande e il Piccolo Belt. Vasto 377.000 km², il Baltico è un mare significativamente poco profondo, con una profondità media di 55 m, mentre nella zona centrale arriva a 459m. Volendo fare un confronto con casa nostra, ovvero l'Adriatico, quest'ultimo ha una superficie di 138.600 km², una profondità media di 252 m e una massima di 1.222 m. In pratica il Baltico è un bacino vasto come l'Adriatico e parte dello Ionio con, in più, il problema dei ghiacci che lo ricoprono a Nord-Est (Golfo di Botnia e Golfo di Finlandia) nel corso dei mesi invernali. Non sempre navigabile, quindi, e per di più strangolato, nell'Øresund che separa l'isola danese di Selandia dalla costa svedese, da un canale di appena 4 km di larghezza e solamente 38 m di profondità; dal Grande Belt di 16 km di larghezza e una profondità massima di 60 m (la parte Est dello stretto è classificata come zona di acque internazionali) e dal Piccolo Belt largo 800 m e profondo 75 m. È evidente, a questo punto, come il Baltico sia, dal punto di vista navale, un incubo sia strategico sia tattico. Né le cose vanno meglio sotto il profilo cosiddetto geoeconomico.

Il territorio che fa capo a Kaliningrad, vasto quanto la Calabria, è infatti circondato dalla Lituania e dalla Polonia, due Stati cattolici vecchi rivali, da non meno di mezzo millennio, nei confronti di qualsiasi sistema russo. Parimenti diversi i sistemi economico e politico e diverse le alleanze internazionali, in quanto componenti, assieme alla Lituania e all'Estonia della NATO e della Comunità europea.

L'exclave russa è collegata per via ferroviaria al resto della propria Federazione attraverso la Lituania e la Bielorussia. E si tratta di un cordone ombelicale tanto più importante in seguito ai periodici ghiacci che limitano grandemente le comunicazioni via mare.

Kaliningrad e il territorio circostante sono solo lo 0,1% della superficie totale della Federazione Russa, ma uno 0,1 fondamentale per chi conosce l'anima russa. Si tratta del segno tangibile della vittoria di Mosca nel 1945. Il frutto della Grande guerra patriottica pagata con la cifra, ufficiale, di 20 milioni di soldati morti. Un trofeo irrinunciabile, indipendentemente dalla vitalità economica, o meno, di quel territorio. Dal punto di vista navale, forse trascurato, la situazione è, se possibile, ancora più importante. Quella, se vogliamo, testa di ponte russa domina, infatti, il Baltico e lo stesso sistema generale di sicurezza russo. Kaliningrad, assieme al vicino porto militare di Baltiisk, l'alto medievale Pillau tedesca, parimenti sgombrata nel 1945, è la sede della 128a Brigata navale di superficie, ovvero la principale Forza navale del Baltico, ancor più di San Pietroburgo, praticamente imbottigliata nel Golfo di Finlandia. Ci sarebbe qualcosa da dire circa la secolare e mai cambiata abitudine russa di applicare terminologie terrestri, come General-Admiral e, appunto, brigata, alle flotte, ma questo particolare spunto ci porterebbe troppo lontano. Inoltre, a causa della sua posizione centrale e per il fatto di essere pianeggiante e sabbioso quello stesso territorio si presta alla classica manovra delle forze blindate e corazzate russe, predicata dai loro manuali sin dai tempi della Guerra Civile del 1918-23. Le importanti infrastrutture marittime dell'area di Kaliningrad mutuate dai vecchi cantieri germanici, assicurano il necessario supporto logistico a tutte le navi, da guerra e commerciali, che operano nel mar Baltico, nel Mediterraneo e, fino al 2014, nel Mar Nero. Sempre sotto il profilo navale, la Flotta del Baltico deve difendere la regione di Kaliningrad e bloccare, nel caso più che deprecabile di un conflitto, le forze della NATO impedendo, tanto per cominciare, di entrare nel Baltico dai passaggi obbligati ricordati in precedenza. E a questo punto appare significativo il fatto che, in base a una corretta concezione interforze, la Flotta del Baltico possa contare non solo sulle proprie navi, ma su una componente terrestre dipendente integrata, l'11° Corpo d'Armata, e su reparti aerei e contraerei caratterizzati da una spiccata «situation awareness», ovvero consapevolezza informativa di situazione. È così possibile esercitare una credibile capacità difensiva e offensiva ad ampio spettro. Gli analisti parlano di 78-104 velivoli ad ala fissa e rotante, quali i bombardieri Sukhoi 24M e i caccia Sukhoi 30SM e Sukhoi 27P, oltre a UAV (Ummanned Air Veichules) medi. Inoltre 6 gruppi di missili antiaerei a larghissimo raggio SAM S-400, un gruppo di Pantsir-S1 e uno o due gruppi di SAM di S-300 a lungo raggio (2).

Quanto alle navi, la Flotta del Baltico allinea, di solito, uno o due cacciatorpediniere lanciamissili; 11 corvette e oltre 50 unità più piccole tra cannoniere missilistiche veloci, cacciamine; piccole unità per la lotta antisom e pattugliatori. C'è chi ha parlato, a questo punto, di una «portaerei inaffondabile» russa affacciata sul mar Baltico. Si tratta di un termine che non ha portato fortuna alla Marina nel corso della Seconda guerra mondiale, in quanto nulla può sostituire la mobilità e la capacità delle navi ma, tant'è, sarebbe altrettanto sbagliato far finta di niente.

E a questo punto è opportuno citare, nella loro efficace sinteticità, alcuni passi del recente rapporto «Focus 2023» pubblicato dal Servizio d'intelligence norvegese (3). Per prima cosa quel documento evidenzia come l'attuale guerra aperta in Ucraina abbia accresciuto la necessità russa di rafforzare la propria sicurezza nell'Artico e nel Baltico, ambienti tra loro strettamente interdipendenti dal punto di vista strategico, operativo e logistico. Nonostante l'attuale impegno di alcune componenti di rilievo delle Forze armate russe in Ucraina (per esempio una larga parte dei missili e dei lanciatori dei missili superficie-superficie), le capacità nucleari della Russia sono le stesse di prima della guerra, comprese le forze aeree e navali che risultano, sostanzialmente, intatte. Di conseguenza, nel 2023 le forze di deterrenza russe assumeranno un peso sempre più rilevante nel quadro dello strumento militare in potenza moscovita. In questo contesto la Flotta del Nord e, in particolare, i sottomarini strategici, sono un aspetto decisivo dell'equazione con le loro testate nucleari, anche con riferimento agli ordigni nucleari cosiddetti tattici (4). Il peso della Flotta russa del Nord attiva nell'Artico assume, in questo contesto, un valore diverso e maggiore al pari del correlato «giardino di casa» baltico, facilmente difendibile da parte di Mosca visto che quel mare praticamente chiuso può essere minato con estrema facilità e attraversato in pochissimi minuti dai missili, antinave o peggio. Uno scenario interdetto, quindi, alle portaerei e quasi proibitivo per i battelli nucleari destinato a essere controllato da unità sottili e veloci dotate di missili antinave. Naturalmente, in una situazione come quella odierna, il rischio di fraintendimenti tra la Russia e la NATO e di incidenti involontari e incontrollabili è dietro l'angolo.

Riassumendo, le inevitabili osservazioni, sia strategiche sia tattiche, sono le seguenti: Primo aspetto. Il Baltico è l'area ideale per l'utile impiego di missili antinave lanciati da sistemi missilistici costieri, in primo luogo autocarrati, o da unità missilistiche veloci a spese delle unità navali di grandi dimensioni. La bassa profondità delle acque sconsiglia l'impiego di sottomarini nucleari. I ghiacci invernali condizionano fortemente le operazioni navali. La salinità, altamente variabile (5) sia in profondità e sia a livello orizzontale, incide fortemente in maniera negativa sulla propagazione subacquea e sulle tattiche di guerra antisom. La dottrina navale russa, così come dichiarato da Mosca, prevede (Navy Wartime objectives) (6) di conseguire, in caso di conflitto, i seguenti principali obiettivi in maniera integrata e interforze: distruzione delle basi nemiche a lunga distanza, sostenibilità dell'impiego dei propri sottomarini lanciamissili balistici mediante distruzione delle unità ASW nemiche e delle relative infrastrutture costiere; nel contempo, visto che il Potere Marittimo non cambia mai, devono essere preservate le necessarie condizioni favorevoli per il dominio del mare (Sea Control) localizzato. Naturalmente, va altresì assicurato il tradizionale supporto navale lungo l'ala a mare del fronte russo al pari della difesa costiera.

Il perno resta, comunque, il «bastione» e capitale rappresentato dalla componente balistica nucleare sottomarina.

Secondo aspetto. La Flotta del Baltico è stata costantemente rafforzata dalla crisi di Crimea del 2014 a oggi: navi, forze terrestri, aeree e difesa controaerea. Il mar Baltico possiamo considerarlo come parte integrante di un Mediterraneo del Nord, e come il proprio fratello maggiore esige la presenza costante di adeguate ed efficienti forze navali ben bilanciate in tutte le proprie indispensabili componenti: aeronavale, di superficie e subacquea. A ciò si aggiunge lo scioglimento dei ghiacci e le nuove scoperte del mare Artico, realtà concrete con le quali dobbiamo sempre più confrontarci, tanto che non si può escludere a priori un'eventuale richiesta di supporto navale a livello dell'Alleanza. Le navi italiane non sono del tutto ignote da quelle parti e hanno buona fama. Pensiamo all'incrociatore Libia, il quale salvò dalla fame più nera, nel 1919, i bambini di Danzica forzando il perdurante blocco inglese, così da permettere a un piroscafo statunitense della Commissione Hoover di far giungere, finalmente, a destinazione un carico di latte in polvere, tosto distribuito dalla Pontificia Commissione di assistenza e di medicinali lungamente invocati dagli abitanti di quella disgraziata città contesa. Le unità della Marina Militare hanno come sempre, se richieste dall'Autorità politica, la capacità d'intervenire rapidamente ovunque, in forze e in qualunque scenario operativo compresa l'arte specialissima della Littoral Warfare.

 

NOTE

(1) Un'exclave è una parte di uno Stato separata dalla parte maggiore del restante territorio. Per esempio Campione d'Italia all'interno della Svizzera.

(2) The Russian Baltic Fleet - Organisation and role within the Armed Forces in 2020, J. Kjellén, February 2021 - FOI-R-5119.

(3) Etterretningstjenesten -Fokus 2023 - Viten Om Verden For Vernav Norge.

(4) Ibidem pag. 21

(5) Earth System Dynamics - Salinity dynamics of the Baltic Sea, 16 February 2022.

(6) https://eng.mil.ru/en/structure/forces/navy/mission.htm.