La necessità di compiere lavori subacquei anche a quote profonde risolvendo altresì il problema relativo ai lunghissimi tempi di decompressione che tali operazioni comportano, nel corso della storia ha fatto sviluppare una serie di scafandri rigidi pressoresistenti. Tali apparecchiature mantengono la pressione interna uguale a quella atmosferica. Tuttavia le complicazioni tecniche relative alla possibilità di mantenere una certa libertà di movimenti hanno, per anni, limitato le reali capacità operative di tali apparecchiature. Ultimamente la tecnologia ha risolto il problema dei giunti di connessione fra le varie sezioni mobili (braccia, gambe) dello scafandro. Gli obsoleti giunti sferici che spesso a causa della pressione idrostatica si bloccavano sono stati sostituiti da giunti rotanti. I movimenti antropomorfi sono ottenuti tramite la rotazione di giunti fra sezioni dello scafandro tagliate su piani inclinati.

Lo scafandro rigido articolato A.D.S. (Atmospheric Diving Suit) inoltre è dotato di tutta una serie di accessori quali sonar, telecamera, fari per l'illuminazione. Il collegamento con la superficie è assicurato con un ombelicale che serve per fornire l'alimentazione elettrica e consentire lo scambio di dati e comunicazioni. Quattro propulsori (due verticali e due orizzontali) consentono all'apparecchiatura una spiccata mobilità e ne fanno di fatto una sorta di minisottomarino antropomorfo. Il sistema di supporto vita si basa su tre bombole caricate ad ossigeno puro, una capsula di calce sodata depura l'ambiente dalla anidride carbonica e l'ossigeno consumato dall'operatore viene così rimpiazzato, tramite un flussimetro, da quello contenuto nelle bombole.